venerdì 27 maggio 2011

UN ATTIMO DI NAMIBIA



Un marrone quasi uniforme mette in risalto tante piccole e fresche pianticelle verdi che sembrano miracolosamente spuntare dalle rocce. All'orizzonte si staglia nel cielo azzurro un alberello, che sfida la sopravvivenza in quel luogo così arido. In lontananza, un pianoro giallo ocra fa pensare: a un campo di grano? A un deserto? Mah............
Osservando attentamente, le rocce sembrano prender vita, scolpite dall'acqua sembrano tante canne d'organo pronte a suonare un inno al loro creatore: il fiume.
Il corso d'acqua, che nei tempi lontani scorreva forte e maestoso, ora è un rigagnolo torbido che aspetta con pazienza le piogge torrenziali per finire la sua opera.
Nubi dolci avvolgono il cielo azzurro che sovrasta un paesaggio apparentemente morto, ma che in realtà è in continuo divenire.
Un'alunna di 1^C

mercoledì 18 maggio 2011

Ecco, in una pagina di diario, il racconto di un viaggio speciale.
Prof. Daniela Piazza




Scrivi una pagina di diario su un viaggio, reale o immaginario,in un paese lontano.
Descrivi il paesaggio,negli elementi naturali (colori,odori,suoni…)e culturali, e racconta le riflessioni che suscita in te l’incontro con un’altra cultura.

Caro diario,
oggi ti racconto un viaggio che ho fatto con i miei genitori.
Io e mio fratello volevamo andare in Bulgaria per vedere dove eravamo nati, che posto era e che persone c’erano.
Una domenica del 2 aprile era arrivato il giorno di partire, mio padre prese la macchina per andare in aeroporto.
Quando siamo arrivati in aeroporto, mio padre disse: “Avviatevi e cominciate ad andare a pesare le valigie, cosi possono metterle in aereo, io andrò a parcheggiare l’auto”.
Io e mia madre e mio fratello andammo a pesare le valigie.
Mio padre ci raggiunse e andammo all’imbarco, ci fecero salire sull’aereo e partimmo.
Dopo sei ore di volo il pilota ci disse di mettere le cinture: era l’ora di atterrare.
Io quando sentii che eravamo arrivati guardai dal finestrino e vidi l’aeroporto di Sofia....
Sofia: dove ero nato io
Atterrammo e mio padre mi chiese come era andato il viaggio. Io risposi che era andato tutto bene ed ero tanto felice di essere a destinazione.
Uscimmo dall’aeroporto e mio padre chiamò una persona per sapere dove si poteva prendere l’auto a noleggio.
Prendemmo la macchina e andammo in un hotel a tre stelle.
Arrivammo in albergo, i proprietari ci accolsero con braccia aperte e saluti,  io e mio fratello eravamo felici perché queste persone erano gentili, accoglienti e simpatiche.
Dopo aver sistemato le valigie in camera chiesi a mio padre e mia madre di andare a fare un giro in centro.
Arrivammo in centro, io vidi una una piazza deserta,  strano che in un centro cosi importante non c’erano tante persone.
Dopo aver visto il centro tornammo in hotel per prendere l’auto per andare nel paesino dove era nato mio fratello cioè dove era avvenuto l’incontro prima dell’adozione.
Siamo arrivati al paesino ed era arrivata l’ora di andare mangiare, mio padre consigliò di andare a mangiare in un ristorante che si trovava davanti alla piazza .
Entrammo nel ristorante, io vidi il ristorante vuoto,  c’era solo una coppia che mangiava.
Ci sedemmo, io subito presi un menu ma non capivo niente perché era scritto in bulgaro.
Mio padre chiamò il cameriere per chiedere il menu in inglese.
Tutti noi ordinammo un piatto strano: una grande omelette con dentro pere, uvette e cipolle.
Quando lo assaggiai non era male, a mio fratello non piaceva, i miei genitori erano soddisfatti.
Dopo aver mangiato andammo in centro, questo centro era cosi abbandonato che c’erano solo due mendicanti.
Visto il centro andammo a vedere, finalmente, l’orfanotrofio in cui si trovava mio fratello quando l’hanno adottato.
Mio fratello lo vide cominciò a piangere  e mia madre lo abbraccio per consolarlo.
Mio padre pensò di tornare in hotel. L’indomani andammo a  vedere il mio istituto.
Arrivò il mio giorno per andare ad vedere dove sono cresciuto prima della mia adozione.
Andammo, lo vidi e dissi ai miei genitori :“Voi siete le persone mi avete fatto nascere e voi siete i miei genitori”.
Io questo viaggio ho vissuto un’esperienza un pò triste perché ho rivissuto il periodo in cui ero dentro l'istituto.

Un alunno di 3^A

venerdì 6 maggio 2011

Festa della mamma


Rose rosse, cuori, cioccolatini, piccoli e grandi gioielli, una spesa per ogni tasca!
Tra pochi giorni sarà la festa della mamma, altro incentivo per entrare in un negozio e acquistare un oggetto con la percezione che chi riceverà, sentirà più forte il nostro amore.
Spero nessuno dei miei figli si butti sui cioccolatini sapendo che ho bisogno di dimagrire!!!
Che mamma sono stata? Che mamma sono? Che mamma sarò?
Spesso me lo chiedo.
Non è vero, non troppo spesso, ma quando accade sento l’inconsistenza, la debolezza e l’inefficacia delle risposte che riesco a darmi.
Ho desiderato i miei figli, non sono arrivati per caso, senza una vera e propria pianificazione è giunto un momento nel quale, il desiderio di maternità (e paternità, i figli si desiderano e si fanno in due) si è fatto sentire prepotentemente, il sogno di dare vita, attraverso noi stessi, ad una nuova esistenza e di condividere il nostro amore con un altro essere umano, è stato grande.
Prima Paolo, poi Giorgia.
Che madre sono stata? Che madre sono? Che madre sarò per le mie due splendide creature?
Non lo so e forse non lo saprò mai.
Quanti errori ho fatto?
Sicuramente tanti.
Se tornassi indietro forse cambierei alcune cose, modificherei alcuni atteggiamenti, direi parole diverse, userei toni differenti, ma se mai tutto ciò fosse possibile, probabilmente non basterebbe e avrei bisogno di tornare indietro ancora e poi ancora, un viaggio nel tempo senza fine, un moto perpetuo, eterno e noi non abbiamo l’eternità.
E allora?
Allora resto così come sono, con una sola certezza, la consapevolezza di amarli.
Li ho amati ancor prima di averli concepiti e spero sia questo a restare nei loro cuori e nei loro pensieri.
Amarli, amarli sempre
Amarli per ciò che sono, senza chiedere, amarli per ciò che sono, senza volerli cambiare e rendere simili a un modello di figlio che ognuno di noi ha in mente.
Amarli quando ti riempiono il cuore di gioia, ma anche quando ti feriscono.
Amarli quando hanno bisogno solo di te, ma anche quando il loro desiderio di vita autonoma diventa così dirompente da far sembrare il “prima” privo di importanza e interesse.
Amarli quando tutto va bene e l’orgoglio ci fa gonfiare fino a farci scoppiare e amarli talmente tanto che quando i problemi rendono la loro vita complicata riusciamo a restare nell’ombra e freniamo il desiderio di dare buoni consigli, di indicare loro la via e nel silenzio, continuiamo a dare comprensione e sostegno.
Amarli quando prendono decisioni che ti aspetti, ma anche quando la fatica a riconoscere come sensate e avvedute le loro scelte, diventa così pesante, da portarci a voler urlare tutta la sofferenza e la disapprovazione che il nostro grido è in grado di esprimere e invece sussurriamo “ti voglio bene”.
Amarli durante le crisi che noi “adulti” riteniamo banali dimenticando troppo spesso le frustrazioni che ci hanno accompagnato alla loro età.
Amarli talmente tanto da riuscire ad essere sempre sinceri in modo sereno e non incombente
Amarli se ti riempiono di coccole e abbracci, ma amare anche la loro riservatezza e il loro pudore nell’esprimere i sentimenti.
Semplicemente amarli.
Che mamma sono?
Che figlia sono?
Aiuto.
Questo è ancora più difficile, se nessuno ci insegna ad essere mamme, nello stesso modo nessuno ci insegna ad essere figlie.
La doppia valenza porta con se un’infinità di complicazioni, difficoltà, sforzi.
La doppia valenza fa vivere lo stato di mamma in rapporto allo stato di figlia, lo stato di mamma comparato a quello della tua mamma
E’ così complicato che anche la scrittura diventa contorta e macchinosa, quindi mi limiterò a fare gli auguri a tutte le mamme anzi, a tutte le donne che hanno preso per mano i propri figli, o i figli di altri, o semplicemente un essere umano e con amore li hanno accompagnati per un breve o lungo o lunghissimo percorso.
Auguri anche ai figli, magari domenica, con un fiore, ma anche senza, date alle vostre mamme un lungo abbraccio, ne saranno sicuramente felici e conserveranno il calore del vostro amore con cura nello scrigno del cuore che appartiene solo a voi.
Se poi volete esagerare, scrivete su un foglietto “ti voglio bene” lo conserveranno con attenzione e ogni volta che sentiranno il peso delle difficoltà state pur certi che quel biglietto tornerà tra le loro mani e strapperà loro un sorriso facendole ripartire, perché le mamme, ripartono sempre, o almeno ci provano.
Un sorriso
Lucia (Rusconi)